Last Updated on 27/07/2024 by bowman
La quota di azionario da valutare in un portafoglio d’investimento dipende dal profilo di rischio e dall’asset allocation che si costruisce, ed a seconda della strategia può anche essere fissa o variabile.
Nelle mie simulazioni (che non rappresentano portafogli modello, ma servono da esempio per capire alcuni “movimenti”) ho simulato portafogli a distribuzione anche con il 10% di azionario. Questo è un momento che sfavorisce un pò, dato una fase storicamente molto bassa di tassi, grandi portafogli a distribuzione completamente obbligazionari.
Al di là di questo tema, tuttavia, in un fondo obbligazionario (in particolare un ETF che replica ‘passivamente’ l’indice di titoli obbligazionari) la crescita del capitale è data genericamente da:
1- Progressiva riduzione dei tassi: i vecchi bond ‘valgono di più’ di quelli nuovi con interessi più bassi… teoricamente se il fondo è flessibile il gestore dovrebbe vendere quelli a duration lunga capitalizzando il maggiore capitale nel nominale di bond più brevi e poi fare il contrario quando ci saranno titoli con tassi opportunisticamente più interessanti. Questo non accade negli ETF, ma alla prova dei fatti quale delle due strategie (gestione passiva e obbligazionario flessibile attivo) renda di più lo può dimostrare qualsiasi grafico su morningstar.
2- Gli interessi/cedole. Se le cedole sono distribuite, tuttavia, il capitale, alla LUNGA, rimane in balìa dei tassi, dei costi (che anche se contenuti in un ETF per un iShares JPM USD Emerging Markets Bonds alla fine in 10 anni almeno un 5% lo portano via) etc… al concludersi della maturity dei vari titoli il capitale non può crescere, poiché i titoli sono collocati a 100 e rimborsati a 100… anzi, qualche (seppur rara) insolvenza, i pochi costi di gestione etc… alla lunga dovrebbero erodere. Questo ovviamente non è percepibile ora che siamo al culmine di un trend di progressiva riduzione dei tassi d’interesse: chi da 30 anni avesse un ETF Obbligazionario Europa a distribuzione avrebbe percepito l’interesse in forma di dividendi/cedole E avrebbe un capitale maggiore di 30 anni fa.
3- Fluttuazioni valutarie: se il dollaro sale le obbligazioni in dollari si apprezzano nel nominale. Visto però che abbiamo una moneta più forte della media e che l’effetto negativo è simmetrico, troppa esposizioe valutaria potrebbe erodere più di quanto accresce, nel lungo termine, anche se l’hedging può aiutare.
Questo spiega perché un portafoglio 100% obbligazionario in ETF (quindi passivi) dopo 20 anni se non ricapitalizzo un pò la distribuzione ricevuta (es. aggiungendo ogni tanto quote), tendenzialmente almeno UN PO’ (se gli ETF sono ben diversificati probabilmente meno) dovrebbe erodere il nominale.
Ovviamente un minimo di market timing, dato che gli ETF sono ECONOMICI (la solita solfa ce la becchiamo con fondi obbligazionari attivi, ma con più forza se a distribuzione, basta cercarne qualcuno su morningstar per farci un’idea) può aiutare enormemente. Banalmente se avessimo da 15 anni (2005) un ETF High Yield a distribuzione preso per 10000 euro ed avessimo aggiunto 5000 euro a fine 2008 e 3000 a marzo 2020 oggi probabilmente riporteremmo un gain significativo sul capitale (effetto amplificato dai tassi bassi e dalla “fame” di rendimento obbligazionario ovviamente), magari quando risaliranno i tassi torneremo in linea con il capitale iniziale ma con ottimi interessi annui incassati per decenni.
Quindi, considerando questo, nel portafoglio totale a distribuzione, una quota di azionario può essere virtuosa per aiutare a diversificare un tale effetto “erosivo” proprio dell’obbligazionario a replica passiva di cui abbiamo incassato e non capitalizzato il rendimento da interesse.
Al punto 1 scrivi che i possessori di vecchi bond a lungo dovrebbero realizzare il capitale maggiorato e comprare un maggiore importo di bond a breve. Ma, come la mettiamo con la rendita? Che al massimo sarebbe quasi di pari importo? Mi sfugge qualcosa? Grazie. ARTURO
No, scusa, io parlavo di fondi attivi e flessibili. Spesso quando c'è rischio di rialzo dei tassi (perché sono molto bassi) alcune "scuole" di pensiero consigliano fondi attivi a gestione flessibile, questo perché il gestore è delegato a modificare duration (durata finanziaria dell'investimento) e maturità media dei titoli contenuti. In un ETF passivo che investe in titoli di stato europei a 15 anni ovviamente NON posso fare una cosa simile. Però in linea ipotetica il fondo "XYZ Sicav Europe Flexible Bond" che ha in pancia titoli di stato mediamente a 15 anni che mediamente da 100 iniziali (e finali!) sono arrivati a 140 ha un gestore che potrebbe venderli a 140 e usare capitale+rivalutazione per comprarci, ad esempio, titoli di stato a 3 anni a 100… ecco che tra 3 anni i miei 140 varranno ancora 140 (più il piccolo interesse del triennale), mentre il 15ennale a nominale 100, arrivato a 140, a maturità tornerebbe a 100. Questa DOVREBBE essere una 'forza' con cui vengono spesso proposti i fondi obbligazionari ATTIVI FLESSIBILI al posto di passivi. Nei fatti il rendimento e le performance di questi strumenti (non voglio citarne di specifici, ma su morninstar quella classe di fondi è ben popolata) se a distribuzione sono palesi a tutti, poiché quasi tutti pur di distribuire cedole allettanti lasciano il capitale "solo" ad affrontare flessibilità varie, costi, etc… Spero di essermi spiegato un pò meglio (capisco che non è tema troppo digeribile).