Last Updated on 27/07/2024 by bowman
A mio personale avviso il problema dei prodotti ‘da banco’:
di bassa qualità, flessibili, opachi come costi di collocamento e di gestione,
ma tanto diffusi presso gli sportelli bancari, sta assumendo dimensioni sempre
più serie.
di bassa qualità, flessibili, opachi come costi di collocamento e di gestione,
ma tanto diffusi presso gli sportelli bancari, sta assumendo dimensioni sempre
più serie.
Questi prodotti solitamente vantano ‘strategie di protezione
del capitale’ (investono una parte in BTP, generalmente, o peggio in contratti
swap che replicano l’andamento di titoli di Stato finanziando nel frattempo il
collocatore dello swap) e per il resto usano un approccio flessibile: chi mette dentro
derivati, chi altri fondi, chi il cielo sa che. Quelli che ho visto io sono
tutti prodotti molto inefficienti, che propongono una struttura apparentemente
‘semplice’ da vendere (spesso i nomi suggeriscono investimenti potenzialmente
vantaggiosi presi dalle pagine dei giornali economici: energie rinnovabili,
mercati emergenti in crescita, alta tecnologia) allo sportello: hanno una ‘scadenza’
prestabilita (che per i fondi è MALE: l’utilità del fondo è proprio poter
mandare avanti l’investimento anche oltre l’orizzonte temporale prestabilito
per ottenere un recupero, visto che non possono fallire) e magari cedole o
altre cose per invogliare il sottoscrittore. Le commissioni, anche quelle di collocamento (pagate quindi ad ‘affare fatto’) non si vedono, il famoso ‘tunnel d’uscita’ le dilaziona nel tempo (ma sono inevitabili in quanto già pagate) e sembrano delle ‘perdite’.
del capitale’ (investono una parte in BTP, generalmente, o peggio in contratti
swap che replicano l’andamento di titoli di Stato finanziando nel frattempo il
collocatore dello swap) e per il resto usano un approccio flessibile: chi mette dentro
derivati, chi altri fondi, chi il cielo sa che. Quelli che ho visto io sono
tutti prodotti molto inefficienti, che propongono una struttura apparentemente
‘semplice’ da vendere (spesso i nomi suggeriscono investimenti potenzialmente
vantaggiosi presi dalle pagine dei giornali economici: energie rinnovabili,
mercati emergenti in crescita, alta tecnologia) allo sportello: hanno una ‘scadenza’
prestabilita (che per i fondi è MALE: l’utilità del fondo è proprio poter
mandare avanti l’investimento anche oltre l’orizzonte temporale prestabilito
per ottenere un recupero, visto che non possono fallire) e magari cedole o
altre cose per invogliare il sottoscrittore. Le commissioni, anche quelle di collocamento (pagate quindi ad ‘affare fatto’) non si vedono, il famoso ‘tunnel d’uscita’ le dilaziona nel tempo (ma sono inevitabili in quanto già pagate) e sembrano delle ‘perdite’.
Personalmente io rifuggo da questi strumenti. Il proporre
massicciamente prodotti simili è già un indice della serietà/qualità del
consulente.
massicciamente prodotti simili è già un indice della serietà/qualità del
consulente.
Il punto che ci poniamo oggi è: ma se io sono ‘cascato’ in
questi prodotti, arrivo quasi alla fine dell’investimento, e sto (come
probabile, anche se in fasi molto positive dei mercati come nel 2015 hanno
anche guadagnato) in PERDITA… che faccio?
questi prodotti, arrivo quasi alla fine dell’investimento, e sto (come
probabile, anche se in fasi molto positive dei mercati come nel 2015 hanno
anche guadagnato) in PERDITA… che faccio?
La speranza sarebbe trovare uno ‘spacciatore’ di prodotti
‘buoni’ adatti per ‘recuperare’ in banca, ma è l’eccezione più che la regola.
‘buoni’ adatti per ‘recuperare’ in banca, ma è l’eccezione più che la regola.
Ho deciso di provare quindi a fare finta di essere una
delle ‘vittime’ dei fondi a tunnel d’uscita (non che non abbiano provato a proporli anche a me…).
delle ‘vittime’ dei fondi a tunnel d’uscita (non che non abbiano provato a proporli anche a me…).
Ad oggi (metà del 2019) ho dei
fondi fermi lì da 3-4 anni in perdita del -5%/-6%, esco e tra commissioni
d’uscita (nei fondi a tunnel in realtà sono commissioni pagate al collocamento,
che ‘vedo’ all’uscita, aspettare per uscire non mi farà spendere meno in
commissioni!!) e tutto ho perso il 7%-8% del mio capitale.
fondi fermi lì da 3-4 anni in perdita del -5%/-6%, esco e tra commissioni
d’uscita (nei fondi a tunnel in realtà sono commissioni pagate al collocamento,
che ‘vedo’ all’uscita, aspettare per uscire non mi farà spendere meno in
commissioni!!) e tutto ho perso il 7%-8% del mio capitale.
Beh, il capitale non
cresce sugli alberi (anche se forse alcuni consulenti finanziari pensano di
sì), spesso è frutto di una vita di sacrifici.
cresce sugli alberi (anche se forse alcuni consulenti finanziari pensano di
sì), spesso è frutto di una vita di sacrifici.
A questo punto io, piccolo risparmiatore, ho come obiettivo
il recupero di queste somme ed il recupero in tempi brevi (3 anni… non 30).
il recupero di queste somme ed il recupero in tempi brevi (3 anni… non 30).
Ad
oggi recuperare in questi tempi con rischio zero non è possibile nell’eurozona (e, in
generale chi vende l’assenza di rischio è per me da considerarsi un millantatore,
se il prodotto è efficiente e i costi contenuti tra l’altro il rischio è
opportunità di guadagno, non una cosa automaticamente negativa). Tra l’altro
aver affrontato costi elevati ed un rischio consistente (perché quello è il
rischio di gran parte di questi prodotti) e pretendere ora per recuperare di avere rischio
prossimo allo zero non è ragionevole (è come aver disceso i tornanti della
montagna in Ferrari a tutto gas e volerla risalire a piedi nello stesso tempo e
magari senza fatica).
oggi recuperare in questi tempi con rischio zero non è possibile nell’eurozona (e, in
generale chi vende l’assenza di rischio è per me da considerarsi un millantatore,
se il prodotto è efficiente e i costi contenuti tra l’altro il rischio è
opportunità di guadagno, non una cosa automaticamente negativa). Tra l’altro
aver affrontato costi elevati ed un rischio consistente (perché quello è il
rischio di gran parte di questi prodotti) e pretendere ora per recuperare di avere rischio
prossimo allo zero non è ragionevole (è come aver disceso i tornanti della
montagna in Ferrari a tutto gas e volerla risalire a piedi nello stesso tempo e
magari senza fatica).
Possiamo ridurre al minimo il rischio e, soprattutto, al
minimo i costi. Molto probabilmente questo ci porterà a recuperare, almeno
parzialmente ma speriamo totalmente (e con un po’ di fortuna anche con gain),
quanto perso in tempi brevi (3 anni).
minimo i costi. Molto probabilmente questo ci porterà a recuperare, almeno
parzialmente ma speriamo totalmente (e con un po’ di fortuna anche con gain),
quanto perso in tempi brevi (3 anni).
Ho chiamato questo portafoglio ORFEO, come il leggendario
eroe greco che guidò la sua amata fuori dagli inferi.
eroe greco che guidò la sua amata fuori dagli inferi.
La strategia è molto semplice: abbinare un 40% di titoli
obbligazionari in EURO comprati sotto la pari (quindi un minimo, ma sicuro,
guadagno a scadenza, scegliendo emittenti che è molto improbabile che
falliscano nel breve termine) ad una polizza a gestione separata (che ci
garantisce il capitale versato e ci porterà un sicuro guadagno annuo) e ad un
30% di ETF ben diversificati e caratterizzati da un’esposizione azionaria
contenuta. Se uno degli ETF, tra tre anni, fosse rimborsato in perdita, potremo
utilizzare la minusvalenza dell’ETF per non pagare (compensare fiscalmente) il
guadagno dei titoli obbligazionari e recuperare il 26% dell’eventuale perdita.
Quelli in guadagno (visto che il portafoglio è diversificato è molto
improbabile che siano tutti in perdita tra 3 anni, salvo Armageddon sui
mercati… ed in quel caso potremo semplicemente aspettare il recupero) dovrebbero essere il ‘motore’ di recupero del portafoglio.
obbligazionari in EURO comprati sotto la pari (quindi un minimo, ma sicuro,
guadagno a scadenza, scegliendo emittenti che è molto improbabile che
falliscano nel breve termine) ad una polizza a gestione separata (che ci
garantisce il capitale versato e ci porterà un sicuro guadagno annuo) e ad un
30% di ETF ben diversificati e caratterizzati da un’esposizione azionaria
contenuta. Se uno degli ETF, tra tre anni, fosse rimborsato in perdita, potremo
utilizzare la minusvalenza dell’ETF per non pagare (compensare fiscalmente) il
guadagno dei titoli obbligazionari e recuperare il 26% dell’eventuale perdita.
Quelli in guadagno (visto che il portafoglio è diversificato è molto
improbabile che siano tutti in perdita tra 3 anni, salvo Armageddon sui
mercati… ed in quel caso potremo semplicemente aspettare il recupero) dovrebbero essere il ‘motore’ di recupero del portafoglio.
Specifico che Orfeo è di fatto una variante di Paride, cui ho associato una copertura del capitale su parte dell’investimento tramite gestione separata come in Damocle. Però questa struttura mi sembra utile a cercare di ‘recuperare le perdite’.
La composizione di Orfeo, come asset-class (tipi di
investimento) è 18% azionario diversificato, 82% obbligazionario (con un 22% di liquidità).
investimento) è 18% azionario diversificato, 82% obbligazionario (con un 22% di liquidità).
Come ‘base garantita’ ho scelto sempre la polizza di Reale Mutua Opportunità Reale Uno non perché io sia sponsorizzato dalla compagnia, ma solo perché non ha costi d’ingresso, trattiene ‘solo’ il 1% l’anno sulla gestione separata (che ha rendimenti positivi e garantisce il capitale versato) e prevede una piccola penale solo fino al 3° anno (quindi va bene anche per un portafoglio con orizzonte temporale a 3 anni).
Le obbligazioni di Cassa Depositi e Prestiti, Banca IMI , Mediobanca ed il CCT di Stato sono tra i pochi titoli in euro acquistabili sotto la pari, a breve termine e con emittenti non eccessivamente esposti a rischio bail in e simili. Non ho esposto comunque più del 10% per emittente (nel rispetto delle regole UCITS).
Infine c’è un 30% investito in ETF. ETF perché siamo usciti in perdita da altri investimenti e quanto a ‘gestione flessibile’ e ‘costi elevati ed occulti’ abbiamo già dato. Gli ETF ottimizzano i costi, replicano il mercato in cui investono e nella selezione scelta sono diversificati tra azionario europeo, americano, emergenti, titoli di stato americani, obbligazioni ad alto rendimento ma a breve durata, titoli di stato di paesi emergenti e immobiliare. Tutte asset class di cui non possiamo prevedere il futuro andamento, ma sicuramente incorporano redditività potenziale ed è molto difficile che si muovano in maniera troppo correlata.
Le cedole ed i dividendi di questo investimento non sono elevatissimi rispetto all’importo investito, servono però per pagare commissioni di negoziazione (minime), imposta di bollo (la polizza ne è esente), commissioni di gestione titoli e quant’altro la banca dove abbiamo il conto vorrà farci subire.
Il portafoglio non ha lunga durata, ha un approccio passivo (non stiamo lì a guardarlo troppo) e direi quindi di monitorarlo tra 16 mesi (settembre/ottobre 2020) e di nuovo tra 32 mesi (febbraio 2022). L’ultimo monitoraggio ci servirà in vista della scadenza dell’obbligazione CDP, seguita a breve giro dalle altre obbligazioni: l’importo ‘recuperato’ su queste obbligazioni potrebbe andare a compensare quache ETF in perdita.
Ho fiducia però che l’investimento impostato così, pur molto prudente, sia relativamente redditizio e possa darci delle moderate ma concrete soddisfazioni. Soprattutto per non perdere fiducia nel mondo degli investimenti.
P.C. 4 giugno 2019
Applausi per il tuo notevole e continuo lavoro. Fonte di insegnamento e spunti per approfondire la conoscenza dei mercati finanziari.
Grazie