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RACCONTO: 1999-2009 un decennio difficile affrontato con una tecnica di “Value Averaging” con ribilanciamento a pesi fissi tra asset decorrelati (PARTE I)

Last Updated on 27/07/2024 by bowman

Il decennio 1999-2009 è il classico esempio da libro di Storia finanziaria che ci mostra come un investimento azionario, diversificato, passivo ed a basso costo non è detto che sia premiato con certezza dal mantenimento di un orizzonte temporale lungo come quello decennale.

Ipotizziamo di aver investito nel classico indice MSCI World (azionario a medio-grande capitalizzazione dei mercati finanziari più sviluppati) da metà 1999 a metà 2009, anche tramite un ETF efficientissimo come il SPDR MSCI World (IE00BFY0GT14). Il risultato dell’investimento, diciamo, di 100mila euro (193.627.000 di lire) sarebbe stato il seguente:

Dopo 10 lunghi anni della nostra vita avremmo ottenuto una decrescita del portafoglio non solo a doppia cifra, ma addirittura da -30%. Ho conosciuto pochi risparmiatori in grado di sopportare psicologicamente un risultato simile, ed è bene ricordarlo in periodi in cui anni di crescita intensa delle quotazioni sembrano aver falsato (come sempre accade) la percezione del rischio.

Il problema è che chi come me all’epoca era già nel settore sa benissimo che un numero pressoché nullo di risparmiatori italiani aveva la fortuna di fare Buy&Hold decennale su SPDR MSCI World in quegli anni. La verità che i venditori di Unit Linked e di Fondi da sportello (o da ‘promozione finanziaria’) potranno testimoniare, è ben diversa. Oggi troverete pochi fondi attivi in circolazione già sul mercato negli anni ’90, poiché si vendono meglio strumenti che possono mostrare degli storici di 3-4-5 anni con performance radiose ed invitanti. Però, facendo alcune ricerche, vediamo cosa fecero quei titoli che all’epoca dovevano grossomodo investire nell’universo finanziario del MSCI World (eccezione il MorganStanley indicato che invece ha un focus sugli USA):

Notiamo che qui l’investitore “retail” era andato ben oltre un -30% dopo 10 anni, e possiamo immaginare i suoi nervi in che condizioni fossero. Non tocchiamo neppure il discorso spese di custodia, commissioni d’entrata e simili.

Il primo, classico, tipo di “Value Averaging”, che prevede cioè regolari contribuzioni ad un portafoglio è, naturalmente, il classico PAC, il Piano d’Accumulo che commercialmente è tanto favorito per la clientela retail. Il PAC prevede di investire una quota fissa periodicamente (ad esempio mensilmente) su un asset, mediando costantemente il prezzo di carico.
Nella realtà non commerciale il PAC è una tecnica utile ad alcune finalità, indifferente se non dannosa per altre, questo SENZA considerare minimamente il lato COSTI che spesso per gli investimenti tramite PAC sono maggiori che per l’investimento secco di una somma stabilita. 
Senza alcun dubbio il PAC ha senso quando:
1- Voglio impostare un piano d’investimento in un periodo con una strategia che mi difenderà da un probabile ribasso dei valori dell’asset. Come investo OGGI in obbligazionario europeo a lungo termine, con tassi così bassi? C’è un SIGNIFICATIVO RISCHIO TASSI concentrati in un timing sbagliato (ovvero oggi che sono bassissimi), ma posso prevedere con certezza il futuro dei tassi? No. Tuttavia data la probabilità significativa di un ribasso di un fondo euro obbligazionario lungo (anche semplicemente se i tassi rimanessero costanti è probabile per via del raggiungimento a maturità di obbligazioni sovrastimate in quando più redditizie di quanto esce ora sul mercato dei bond), potrei decidere di entrarci tramite PAC.
2- Cerco una “disciplina automatica”: è il modo più semplice per dare una ‘strategia’ ad un portafoglio. Anche l’anziano che non capisce molto di investimenti e non vuole avere a che fare con un consulente sempre al suo seguito, investendo con un PAC ha dato una semplice e talvolta efficace strategia al portafoglio.
3- Non possiedo inizialmente le somme da investire: il ragazzo che vuole accantonare 100 euro al mese dal suo stipendio per non spenderli è il candidato ideale alla sottoscrizione di un PAC.
Per un portafoglio più strutturato un asset con investimento a PAC probabilmente crea anche molti sbilanciamenti. Banalmente se investo 1 milione di euro sottoscrivendo un asset rischioso (es. MSCI World) a quote di 10mila euro ogni mese per 100 mesi semplicemente ogni mese la rischiosità del mio capitale complessivo aumenta e l’allocazione nei confronti della mia tolleranza personale del rischio è quasi sempre sbilanciata. Banalmente: dopo la prima rata avrei 10mila di azionario e 990mila di liquidità, forse per me troppo “prudente” ed alla 99 esima rata otterrei la situazione simmetricamente opposta. Supponiamo di aver iniziato il PAC a giugno del 2000: sarei arrivato a giugno del 2008 con il 96% di capitale investito, subendo tutto l’impatto della crisi di Leman Brothers…
Se avessi investito 10000 euro a giugno 1999 ed avessi aggiunto ad oltranza 1000 euro al mese (sempre MSCI World), nel giugno 2009 avrei investito 130000 euro, trovando un controvalore di 102016 = -21,5% in 10 anni di PAC (e parliamo di ETF a costi zero!).

Insomma il PAC non ci salva da una flessione che occorre in una fase avanzata dell’accumulo (mentre vediamo dal grafico che quella dei primi anni 2000 sarebbe stata molto diluita).

Per questo le asset allocation utilizzano più una strategia di BILANCIAMENTO, un approccio MULTI-ASSET piuttosto che di diluizione temporale del timing. Certo, oggi sappiamo bene come sarebbe andata nei 10 anni successivi a questo investitore del 2009… ma mettiamoci nei suoi panni. Nel 2009 l’economia mondiale non appariva affatto ben messa, personalmente io feci Value Averaging a partire dall’inizio di quell’anno, ma come biasimare chi era invecchiato aggiungendo per 10 anni, attraversando due crisi spaventose e trovando molti meno soldi di quanti investiti dopo un lunghissimo decennio? (e qui non ci sono costi e commissioni, né tasse)
Con il senno del poi è facile trovare 4 asset, anche non ben diversificati per abbracciare diciamo “l’economia globale”, singolarmente redditizi e molto volatili che invece nel decennio 1999-2009 (e ancor di più nei decenni successivi) presi insieme sono andati molto bene.
25% Oro fisico (es. ETC Invesco Physical Gold)
25% Obbligazionario dei Paesi Emergenti con Copertura Valutaria (ETF Emerging Bond Euro Hedged)
25% Azionario MSCI World ‘Momentum’
25% Obbligazioni Societarie Investment Grade in Dollari
Con questo portafoglio, mai ribilanciato, l’investitore europeo avrebbe quasi raddoppiato il capitale in un decennio difficile come quello in esame:

Certamente, però, è troppo facile parlare con il senno del poi. Nel 1999 e ancora più negli anni 2001-2002 come avrebbe reagito il nostro investitore, magari chiamato settimanalmente dal promotore finanziario o bancario che proponeva la soluzione perfetta, il cambiamento giusto (ovviamente oneroso) di investimenti? O l’articolo sul Sole24Ore che celebrava i trionfi di Tiscali o Telecom?
L’Oro era un asset che aveva attraversato un periodo di depressione quasi ventennale dal 1981 in poi.
I titoli di Stato dei Paesi Emergenti, con il default dell’Argentina, immaginiamo di che popolarità godessero.
L’obbligazionario societario in dollari era in dollari… ed il dollaro scese del 35% rispetto all’euro dal 2000 al 2005, sai che gioia…
Infine c’era l’azionario MSCI World “Momentum”, ancora più ‘Growth’ all’epoca del MSCI World classico, travolto da Dot Com, Torri Gemelle e infine Leman Brothers.
Quindi ‘azzeccare’ questi asset non era proprio automatico. Invece si può ritenere che data la FORTE DECORRELAZIONE STORICA tra questi asset entrarci un pò per volta rendeva improbabile per l’investitore sui “massimi” del 1999, che magari aveva appena disinvestito in gain una somma cospicua proveniente dall’ottima crescita dei mercati di quel decennio, non cogliere almeno qualche opportunità.
Vedremo nelle prossime puntate a cosa ci avrebbe portato una strategia di “Value Averaging” non attuata tramite PAC bensì con ribilanciamento a ‘Pesi Fissi” di questi quattro asset.
P.C. 05-12-2021

4 commenti su “RACCONTO: 1999-2009 un decennio difficile affrontato con una tecnica di “Value Averaging” con ribilanciamento a pesi fissi tra asset decorrelati (PARTE I)”

  1. Dici su Wikipedia "Gross Annual Return"? Sicuramente li parla di 'basis point' e comunque quotazioni dollaro su dollaro. Wikipedia indica: -12,92 nel 2000, -16,52 nel 2001, -19,54 nel 2002. Vuol dire che 1000 euro del 1999 erano diventati in 3 anni 584. Mettiamoci che il dollaro tra inizio 2000 e il 2003 andò a perdere intorno ad un -12% sull'euro, ci starebbe per l'investitore locale un -49%. Considera che Backtest Curvo per il MSCI World all'europeo registra un picco di -51% tra settembre 2000 e gennaio 2003… credo sia perfettamente congruo.

  2. Il world momentum é sicuramente più growt del world classico, perché non un NASDAQ a questo punto? Non è globale ma dovrebbe decorrelare nello stesso modo immagino.. e ha un ottimo storico

  3. Perché su un orizzonte temporale lungo il NASDAQ mi vincola ad un paese: è una borsa USA. E se il futuro Momentum avvenisse sul Pacifico, area in grande crescita economica? Il NASDAQ è la seconda borsa mondiale, ma il world Momentum può spostarsi e parlando di strategia secondo me ha senso. Negli ultimi 12 anni il Momentum è stato sui BigTech, non c'è dubbio, ma se fosse domani sui REITs Giapponesi o sui colossi finanziari di Hong Kong o anche sui petroliferi e i produttori di materie prime un World Momentum li seguirà. È stato circa la stessa cosa a lungo, ma di base non è lo stesso.

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