Oro, Spezie e Tulipani

Titoli di Stato di Paesi Emergenti, alcune valutazioni

Last Updated on 27/07/2024 by bowman

La pandemia globale ed il crollo delle quotazioni del petrolio hanno avuto un forte impatto negativo sulle valorizzazioni del debito emergente.

In questa fase appare come un investimento che, se a livello macroeconomico apre a dubbi ed incertezze, a livello prettamente finanziario sta offrendo una tra le maggiori opportunità dell’ultimo decennio.

Spesso, tra l’altro, quando parliamo di ‘titoli di stato di paesi emergenti’ parliamo del debito di paesi oggettivamente piuttosto emersi, o per i volumi della propria economia (ad esempio la Cina) oppure per livelli di rating e di reddito che li possono al massimo identificare come ‘economie periferiche’ (pensiamo alla Corea del Sud, ad Israele, alla Repubblica Ceca o alla Polonia).

Utilizzando come riferimento gli ETF, che puntano a replicare completamente degli indici definiti, potremo notare che, selezionando indici diversi, si modifica non di poco la natura dell’investimento, anche se in una fase di forte ribasso come l’attuale il trend può apparire appiattito verso un collettivo ribasso.

L’indice JP Morgan Emerging Markets Bonds Index Global Core:

Questo indice, replicato da ETF come il diffusissimo iShares JPM USD Emerging Markets Bond (IE00B2NPLV68) è composto da 486 obbligazioni di Stato o di enti para-statali emesse in dollari statunitensi (USD) con una cedola media ponderata del 5,57% ma che, nonostante ciò, possiedono una duration molto elevata del 8,26%.
La diversificazione geografica (e quindi di rischio di credito è eccellente), anche se tra i paesi dell’indice spiccano i grandi debitori in dollari: il Messico (5,6%), l’Indonesia (4,85%), l’Arabia Saudita (4,38%), la Russia (3,94%), il Quatar (3,83%), le Filippine (3,62%), la Cina (3,54%), il Brasile (3,39%), la Colombia (3,39%) ed un 60% frazionato con il resto del mondo.
I titoli che replicano tale indice si avvarranno di una buona e solida diversificazione, al contempo saranno molto soggetti (se privi della copertura del cambio) all’andamento delle materie prime, alla valuta (dollaro) e dai movimenti dei tassi d’interesse su tale valuta (duration lunga).

L’indice JP Morgan Emerging Markets Risk-Aware Bond:

Il discorso cambia completamente per un altro indice JP Morgan, utilizzato da ETF emessi direttamente dalla casa (i IE00BDFC6G93 e IE00BJ06C937). Questo indice replica debito in dollari di paesi dotati di merito creditizio molto più speculativo. Il 58% degli investimenti hanno un rating di non-investment grade e solo il 14% ha un rating superiore a BBB. La duration è comunque di 7,7 snni, con una scadenza media a 12 anni ed una cedola media del 5,8%. Gli emittenti sono i ‘campioni’ dell’obbligazionario emergente volatile: la Turchia (7%), il Brasile (6,5%) e poi Oman e Sud Africa (5%), Ucraina (4,7%); Repubblica Dominicana (4,5%), Bharain (4,2%); Messico (3,8%), Sri Lanka (3,7%), Indonesia (3,4%), Equador (3,3%) ed un 48% diversificato sul resto del mondo.


L’indice JP Morgan Emerging Markets Bonds Index Global Diversified 10% Cap 1% Floor:

Questo indice, replicato da ETF quali il IE00B5M4WH52, si occupa di titoli non presenti nei precedenti due indici: titoli di stato emessi in valuta locale. La duration dei titoli è molto più bassa e resistente ai tassi, con un valore di 5,44. I titoli rappresentati sono di meno (213) e con una maggiore concentrazione del rischio (ma anche del rendimento): ai primi posti c’è il Brasile (10,15%), seguito da Tailandia (9,93%), Indonesia (9,77%), Messico (9,58%), Polonia (9,23%), Sud Africa (9,02%), Russia (8,87%), Malesia (6,11%), Colombia (5,69%), Repubblica Ceca (4,2%) e solo un 17,45% diversificato nel resto del mondo.

Dopo gli indici JP Morgan altra importantissima ‘famiglia’ di indici sui paesi emergenti sono quelli di Bloomberg Barclays.

L’indice Bloomberg Barclays Emerging Markets USD Sovereign + Quasi-Sovereign Bonds:

Questo indice è forse la scelta internamente più diversificata quando parliamo di titoli di stato di paesi emergenti (o periferici!) emessi in dollari. L’indice replica 1100-1300 obbligazioni, con una maturità (scadenza media a 11 ann), una cedola mediamente del 5,7% ed una duration di 7 anni più contenuta degli indici JP Morgan in dollari. Un celebre ETF che lo replica è il Vanguard USD Emerging Markets Government Bond (IE00BGYWCB81). Anche i paesi che si trovano rappresentati a livello di debito sono quelli che più tradizionalmente ci si aspetta di trovare in un portafoglio emergente: la Cina (16%), il Messico (7,8%), l’Indonesia (6,5%), Arabia Saudita (6%), Emirati Arabi (5%), Brasile (5%), Turchia (4,5%), Russia (4,4%), Quatar (3,7%), Corea (3%). Si nota però che l’indice investe su un minor numero ‘selezionato’ di paesi, con maggiore concentrazione di controparte, per quello forse viene spesso preferito (come masse) il EMBI Global Core di JP Morgan.

L’indice Bloomberg Barclays Emerging Markets Local Currency Liquid Government Bonds:

Utilizzato da ETF quali gli SPDR (isin IE00BFWFPY67 e IE00B4613386) questo indice è la versione di Barclays-Bloomberg per i bond in valuta locale. Contiene circa 493 titoli, ha una maturity relativamente contenuta di 8,92, ma una duration più lunga del JPM equivalente di 6,45. La motivazione è la presenza di economie leggermente più sviluppate, quali est europa e corea, maggiormente rappresentate nell’indice, con un 50% dei rating ben al di sopra della tripla B. L’investimento è ripartito in: Corea del Sud (10,2%), Brasile (9,45%), Indonesia (9%), Messico (8,84%), Thailandia (8,71%), Cina (6%), Polonia (5,88%), Sudafrica (5,48%), Russia (5,24%), Israele (3,7%), Filippine (3%), Colombia (3%), Replubblica Ceca (2,5%), Turchia (2,2%), Ungheria (2%), Perù (2%), Romania (1,8%), Cile (1,4%). Come tipico dei Bloomberg-Barclays non abbiamo ulteriore diversificazione/frammentazione tra economie minori.

L’indice Bloomberg Barclays Emerging Markets Inflation-Linked 20% Capped:

Questo indice (ETF IE00B7MXFZ59) rappresenta una peculiarità rispetto agli altri poiché va ad investire su obbligazioni legate all’inflazione, molto interessanti nell’universo del debito emergente (o periferico!). La selezione è più concentrata su ‘soli’ 110 titoli, la maturity e la duration (come spesso accade per gli inflation-linked che difendono dall’inflazione in cambio di una durata più lunga e cedole più contenute) sono rispettivamente di 10,98 e 8,26, il che rende vulnerabile il titolo a delle politiche sui tassi (pur essendo titoli in valuta locale). Circa metà degli investimenti sono oltretutto ‘speculativi’, al di sotto dell’investment grade. La concentrazione per paese è molto forte e non diversifica certo rappresentando l’universo dei paesi emergenti, bensì quelli che emettono titoli indicizzati all’inflazione: Israele (20%), Messico (20%), Brasile (19%), Turchia (15,7%), Sudafrica (14%), Corea del Sud (3%), Thailandia (2,6%), Russia (2,6%), Cile (1,78%).

Un ultimo indice interessante, pur non appartenendo a nessuna delle due famiglie di cui sopra, è il FTSE Emerging Markets USD Government and Government-Related Bonds:

Questo indice di FTSE rappresenta sempre titoli emessi in dollari USA, 351 posizioni con una duration di 7,8 ed una cedola media del 5,94%. Quasi la metà sono titoli speculativi (45%). I paesi rappresentati sono: Russia (6,5%), 6,25% Colombia, 6,2% Indonesia, Filippine (6,2%), Messico (5,63%), Brasile (5,42%), Turchia (5,29%), Sudafrica (4,67%), Oman (4,12%), Egitto (3,71%), Repubblica Domenicana (3,34%), ma anche con il restante 42% spalmato sul resto del mondo. E’ replicato da un ETF di xTrackers: LU0677077884.

Giunti alla conclusione che, tendenzialmente, i tre indici JPMorgan tra loro diversificano (uno contiene titoli in valuta locale, mentre il risk-aware ed il EMBI Core hanno una distribuzione per economie, merito creditizio, maturity e duration diverse), andiamo a paragonare i tre andamenti:

Da metà 2018 a oggi l’ETF basato sull’indice JP Morgan Emerging Markets Risk-Aware Bond ha dimostrato una redditività molto più significativa e quello in valuta locale è stato il più penalizzato. Al contempo c’è da dire che nella recente crisi di tali indici quest’ultimo è quello che si è svalutato meno.

In casa Bloomberg-Barclays l’andamento invece è stato il seguente:

Anche in questo caso il debito in dollari è stato più redditizio di quello in valuta locale, con la differenza che mentre il Bloomberg Barclays Emerging Markets Local Currency Liquid Government Bonds, che è parallelo in qualche modo al JP Morgan Emerging Markets Bonds Index Global Diversified è stato finora più resiliente al crollo, l’indice correlato all’inflazione dalla lunga duration ha subito una marcata svalutazione.

Nel confronto tra indici grossomodo omogenei tra tipo d’investimento, ovvero i tre concentrati nelle obbligazioni di stato emesse in dollari, notiamo questo andamento tra l’indice JPM EMBI Core, quello FTSE USD Goverment Bonds ed il Bloomberg Barclays Emerging Markets USD Sovereign:


Otteniamo la prova che a dimostrarsi decisamente più resiliente, anche a fronte di uno shock molto forte come quello attuale, rispetto ad indici simili come mercato (titoli di stato emergenti in dollari) è l’indice Barclays-Bloomberg, riprodotto dall’eccellente titolo Vanguard.
La motivazione è evidente:
1- E’ un indice probabilmente meno diversificato tra innumerevoli paesi, ma distribuito tra economie più rappresentative dell’universo emergente (si noti che è l’unico che ha in prima posizione i titoli cinesi in dollari).
2- E’ un indice costruito con oltre un migliaio di strumenti finanziari, a replica molto efficiente del mercato, anziché con alcune centinaia.
3- Nonostante i punti 1 e 2 dimostra una duration più contenuta (pur essendo sempre di 7 anni) ed una minore esposizione ai rating creditizi più bassi.

Ora, fatte queste (lunghe) considerazioni voglio valutare cosa accade ponderando un investimento in titoli di stato in dollari emessi da paesi emergenti diversificando su due ETF:

50% IE00B2NPKV68 iShares JPM USD Emerging Markets Bond
50% IE00BZ163L38 Vanguard USD EM Government Bond

La diversificazione per paese del paniere diventa la seguente:

10% Cina
6,7% Messico
5,6% Indonesia
5,2% Arabia Saudita
4,17% Russia
3,75% Quatar
3% Emirati Arabi Uniti
1,81% Filippine
1,7% Brasile
1,7% Colombia
1,5% Corea del Sud
30% altri paesi

Questo investendo in 1100-1300 obbligazioni diverse e ricevendo dividendi (due in effetti) ogni mese. Anche indici come la maturity e la duration risultano a mio avviso molto bilanciati.

P.C. 30.03.2020

4 commenti su “Titoli di Stato di Paesi Emergenti, alcune valutazioni”

  1. Ho letto con interesse questo articolo ma,nelle conclusioni finali indichi due etf al 50% e non trovo descrizione e commenti del secondo etf nel testo precedente.
    Ti ringrazio e complimenti per il coraggio di scrivere in momenti di crisi dei mercati.arturo

  2. È solo perché nel post ho indicato la versione ad accumulo (IE00BGYWCB81), mentre per bilanciato con il IE00B2NPKV68 ho indicato quella a distribuzione (IE00BZ163L38). Il motivo è che dato che il primo è a distribuzione in questo modo si crea un portafoglio che genera "rendita". Il discorso della diversificazione interna non cambia ovviamente utilizzando quello ad accumulo, ma del titolo iShares non abbiamo una versione ad accumulo. Comunque ripeto: l'emerging markets bonds di Vanguard (sia ad accumulo che a distribuzione) replica l'indice Bloomberg Barclays Emerging Markets USD Sovereign + Quasi-Sovereign Bonds che appunto è un indice di titoli di stato (e di agenzie governative o quasi-governativi) che include 1100-1300 titoli, tra i più grandi e diversificati e sovrapesando alcuni debiti pubblici grandi con grande merito creditizio quali quello della Cina.

  3. Può avere senso la copertura valutaria su uno dei due, per esempio sull'Ishares, al fine di ribilanciare in caso di piano di accumulo puntando ad ottimizzare l'indice di Sharpe? Grazie
    Ale

  4. Hai colto uno dei motivi per cui l'hedging è molto diffuso, a mio parere. Quasi tutte le piattaforme di consulenza misurano la redditività di portafoglio al netto del rendimento non rischioso (Sharpe), ovvero rendimento atteso ponderato al rischio, ed è elemento di valutazione e bilanciamento dei portafogli. Prendiamo un fondo non hedgiato, perfetto l'esempio di emerging markets bonds… quale sarà il rendimento atteso del portafoglio se le obbligazioni contenute hanno cedola massima, chessò, 6%? Qualcosa di probabilmente molto prossimo alla redditività obbligazionaria media ponderata. Se questo portafoglio è in valuta (es. valuta locale o USD), per noi europei è più redditizio? Tendenzialmente no, perché in alcuni periodi la valuta può remare a favore, in altri contro, anzi dato che l'euro è abbastanza forte nel lungo termine finirà per incrementare rischio, ma non rendimento. Se io ci metto l'heding questo 'sfarfallio' (volatilità) si riduce… ed il rendimento? Sempre titoli con rendimento medio ponderato di 6 (per dire) ho in 'pancia'. Sicuramente l'hedging ha un costo, ma a livello di rapporto rendimento/rischio è sicuramente vantaggioso hedgiare. Tuttavia questo ci mostra come queste tecniche finanziarie servono a forzare un pò la mano agli indici… perché è vero che su un ampio portafoglio ridurre il rischio valuta ha sempre stabilizzato, ma chi è pratico di questi strumenti sa anche che con un pò di sopportazione della volatilità e di orizzonte temporale, gli obbligazionari in valuta forte non hedgiati hanno un'ottima replica (soprattutto strumenti passivi), mentre sull'azionario spesso l'hedging è compensato da una volatilità che può essere più o meno antitetica alla direzione della valuta (parliamo sempre di valuta forte… non di azioni argentine in valuta locale!). Tutto IMHO.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto